Siamo Tessuto, trame connesse
Agosto 2020
Valle dei Templi, Agrigento
Ma che conoscenza si ha del Tessuto da risanare?
Nell’attuale situazione che vede tutta l’umanità unita nel fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica, l’esigenza è stata quella di mettere gli artisti al centro di un dialogo relazionale capace di connettere Arte, Brand e Territorio e di narrare il tessuto sociale ed economico fortemente lacerato dall’evento pandemico ancora in corso.
“Si deve cominciare a perdere la memoria, anche solo a brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita. Senza memoria la vita non è vita. La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, i nostri sentimenti, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla.”
Luis Bunuel
Le relazioni sono spesso complicate. Se analizziamo quanto succede tra capacità mnemonica e lucidità, osserviamo che questi due elementi faticano a trovare, col passare degli anni, un rapporto stabile. Col tempo i ricordi cambiano: il fatto che il nostro cervello selezioni in modo autonomo cosa archiviare e cosa scartare è legato sia a facoltà individuali sia, soprattutto, alla necessità di avere più spazio per nuovi ricordi. Il degrado visivo è, quindi, tanto oggettivo che soggettivo. Le immagini degradate entrano lentamente a far parte delle nostre esistenze. Ci sforziamo di rammentare volti, luoghi e situazioni vissute ma incontriamo un crescendo di difficoltà.
Aby Warburg – dal quale prendo spunto per un lavoro legato alla memoria individuale – nel 1925 ha concepito l’Atlante Mnemosyne che rimane un progetto titanico volto a definire il pensiero umanista europeo dall’antichità al presente. Oltre mille fotografie selezionate, pathosformel (immagini archetipiche), di cui restituisce, nell’idea di raccolta, un’analisi formale, stilistica e interdisciplinare.
Nel percorso da me intrapreso luoghi, volti, atmosfere subiscono un degrado visivo. I volumi sembrano fondersi ma non si toccano, convivono nel medesimo spazio creando variazioni cromatiche ridotte. Sono sfocature, paesaggi liquidi e frammenti sconnessi dove – come spesso succede al sottoscritto – rimangono tracce mnemoniche di particolari apparentemente inutili; angoli ciechi con piante grasse, visi assorti in secondo piano impallati da altre persone, macchie sulle pareti, mani strette nella tensione di un momento.
Noi siamo tessuto
Tessuto connettivo è un esempio di declinazione alternativa, come Tessuto intelligente ne è un altro. La tecnologia, le sperimentazioni, lo sfruttamento della natura, ignorare in modo pedissequo l’ordine naturale delle cose ci ha portato a questo punto.
Cosa ci è successo in questi mesi di isolamento probabilmente lo capiremo nei prossimi mesi se non nei prossimi anni a venire. Per me tessuto significa inevitabilmente fondere due fattori: quello umano e quello vegetale. Quindi anch’io sperimento, anzi ordisco, un tema a me caro che è legato sul piano esistenziale alla fusione che svela non tanto mutazioni ma condizioni psicologiche o patologiche. Nel quadro che presenterò c’è una infermiera, in una foto d’epoca, con la testa a forma di cactus.
L’infermiera, 2019-2020, olio su tela 90×90 cm