Degrado e Memoria
Pittura, 2017 – 18
“Si deve cominciare a perdere la memoria, anche solo a brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita. Senza memoria la vita non è vita. La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, i nostri sentimenti, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla.” Luis Bunuel
Le relazioni sono spesso complicate. Se analizziamo quanto succede tra capacità mnemonica e lucidità, osserviamo che questi due elementi faticano a trovare, col passare degli anni, un rapporto stabile. Col tempo i ricordi cambiano: il fatto che il nostro cervello selezioni in modo autonomo cosa archiviare e cosa scartare è legato sia a facoltà individuali sia, soprattutto, alla necessità di avere più spazio per nuovi ricordi. Il degrado visivo è, quindi, tanto oggettivo che soggettivo. Le immagini degradate entrano lentamente a far parte delle nostre esistenze. Ci sforziamo di rammentare volti, luoghi e situazioni vissute ma incontriamo un crescendo di difficoltà.
Aby Warburg – dal quale prendo spunto per un lavoro legato alla memoria individuale – nel 1925 ha concepito l’Atlante Mnemosyne che rimane un progetto titanico volto a definire il pensiero umanista europeo dall’antichità al presente. Oltre mille fotografie selezionate, pathosformel (immagini archetipiche), di cui restituisce, nell’idea di raccolta, un’analisi formale, stilistica e interdisciplinare.
Nel percorso da me intrapreso luoghi, volti, atmosfere subiscono un degrado visivo. I volumi sembrano fondersi ma non si toccano, convivono nel medesimo spazio creando variazioni cromatiche ridotte. Sono sfocature, paesaggi liquidi e frammenti sconnessi dove – come spesso succede al sottoscritto – rimangono tracce mnemoniche di particolari apparentemente inutili; angoli ciechi con piante grasse, visi assorti in secondo piano impallati da altre persone, macchie sulle pareti, mani strette nella tensione di un momento. Andrea Pochetti